Un certo Gilbert pensa che le teorie evoluzionistiche siano importanti per aiutare gli altri. Lui dice che è facile essere felici. Che se pensiamo a un ambiente felice pensiamo a quando eravamo piccoli e a quando i nostri genitori ci confortavano. Basterebbe, per essere felici, impegnarsi a costruire un ambiente di cura, sostegno e conforto con i nostri cari. Gilbert ha proposto, in linea con questa riflessione, la teoria della mente compassionevole. Quando stiamo male dovremmo immaginarci sempre una figura compassionevole che con voce calda e confortante ci aiuta, ci sostiene e si prende cura di noi. Il programma innato di prendersi cura ha dato origine a varie competenze psicologiche come l’attenzione ai bisogni di sé e degli altri, reclutamento di emozioni come empatia, simpatia, affetti e comportamento che favoriscono lo sviluppo. L’accudimento è definito come: “il fornire guida, protezione e cura per favorire lo sviluppo e i cambiamenti congrui col potenziale atteso di cambiamento dell’oggetto di cura”. La cura può essere rivolta ad altri essere umani, animali, piante, oggetti inanimati (l’automobile) o sé stessi. Comprende il concetto di “badare a qualcosa” e l’abilità di perdonare, soprattutto in quelle situazioni in cui vergogna o delusione inducono rabbia. Per fare ciò si deve cercare di creare immagini interne di un’altra persona che dà cure, qualcuno a cui essere vicino, concentrandosi sul suo aspetto, ‘espressione del volto e il suono della voce. Si potrebbe chiedere: “Cosa potrebbe dire la parte compassionevole quando sei giù e diventi così critico verso di te?”. L’inizio del processo di internalizzazione dei segnali di cura può attivare dolore e aumentare la consapevolezza di un senso di dolorosa solitudine. L’empatia e la compassione sono qualità emotive della capacità mentale di accudire, ed in certe situazioni il sé compassionevole non cerca di ridurre il dolore ma empatizza con esso. Si può parlare di diversi stadi nel processo di autoaccettazione che includono: una fase di riconoscimento del danno fatto; una fase di decisione che comprende l’obbligo a perdonarsi e a evitare l’autocondanna; una fase di lavoro sull’accettazione dell’idea di sé come fallibile e (idea buddista) che la delusione nella vita è inevitabile; infine una fase finale di riconoscimento che il perdono fa bene.