Nella sua teoria sulla perdita Bowlby considera l’angoscia come una risposta alla separazione o alla minaccia di separazione dalla madre da parte di un individuo vulnerabile.
Le componenti della perdita sperimentata comprendono un sentimento soggettivo di preoccupazione, dolore e tensione che sfocia in una protesta irosa, la cui funzione è di registrare il dispiacere e di punire il partner che se ne va in modo da prevenire la possibilità che si ripeta: è una ricerca inquieta della persona mancante. Esistono correlati biologici alla separazione: modificazioni del tasso di cortisolo, della temperatura corporea, perturbazioni del ritmo cardiaco e di quello sonno-veglia.
Le fasi del lutto, in genere, sono: 1. Torpore. Una calma apparente basata sulla soppressione di tutte le emozioni o negazione della realtà finchè la persona abbandonata non sia in una situazione abbastanza sicura da potersi lasciare andare.
In questa fase c’è incredulità e sensazione che non sia successo nulla.
2. Collera. La persona abbandonata ripensa ogni dettaglio degli eventi che hanno condotto alla separazione in una specie di replay compulsivo sperando che sia stato fatto qualche errore e che eventi passati possano venire forzati ad evolversi in modo differente. Tristezza e rabbia rappresentano una sorta di richiamo della persona che ci proteggeva e che ci ha abbandonato. In questa fase c’è spesso rabbia verso coloro che ci hanno abbandonati e colpa per ciò che, ripercorrendo la storia, potremmo avere fatto.
3. Disorganizzazione. La perdita porta via la persona amata ma anche la base sicura a cui la persona rimasta sola si aspetterebbe di rivolgersi nel momento del bisogno. È un periodo di disorientamento. Ci sembra di rivedere la persona, sentiamo rumori, abbiamo ricordi frequenti; tutto sembra irreale e il ritmo del tempo appare alterato. La persona che subisce la perdita continua a mettere in dubbio la scomparsa e a ricercarla, ma l’oggetto non esiste più e l’elaborazione del dolore per la perdita consiste nel ricostruire una base sicura. 4. Riorganizzazione. Si avverte profondamente il vuoto lasciato dalla persona scomparsa. Ci adattiamo modificando il nostro comportamento, le aspettative, le definizioni di noi stessi. Attraverso questa fase si arriva all’accettazione della perdita. Operare il lutto o sperimentare la perdita, come dir si voglia, ha bisogno di un tempo che va dai sei mesi ai due anni. E l’esperienza della separazione è tanto drammatica e lunga quanto più la relazione è esclusiva e intensa.
Si dice che per dimenticare una persona con cui siamo stati insieme ci vogliono i mesi calcolati dal doppio del numero degli anni passati insieme: dieci anni equivalgono a venti mesi di lutto.

Dott. Ferdinando Galassi